Gian Maria Volonté nasce a Milano ma trascorre i primi vent’anni della sua vita a Torino, e torinese si sentirà sempre.
Non è un caso dunque che la biografia “Gian Maria Volonté” sia nata in quella che è anche la mia città, passeggiando tra le strade che videro Volonté bambino, e poi giovane e inesperto attore. In questa pagina riporto in breve la sua vita, per quelli che vorranno approfondire rimando al mio libro edito da add editore nel 2018.
Le origini della famiglia Volonté
Alla fine dell’Ottocento la famiglia Volonté si trasferisce da Saronno a Milano in cerca di fortuna. Francesco Volonté sposa Angela Tadini il 15 agosto 1901. Dalla loro unione nascono cinque figli: Luigi, Angelo, Teresa, Mario e Franco. Francesco si specializza in commissioni bancarie e di borsa e accumula un discreto patrimonio. La situazione economica cambia drasticamente alla fine degli anni Venti, quando la grande depressione costringe Francesco a chiudere l’ufficio e a svendere le proprietà per liquidare i clienti.
Mario Volonté
A quel punto, Mario, che aveva seguito sin dal principio il nascente movimento fascista – a sedici anni aveva partecipato alla marcia su Roma e poi si era arruolato nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale – ripone la camicia nera e si mette alla ricerca di un lavoro. Conosce Carolina Bianchi, figlia di un industriale milanese e, benché il padre della ragazza sia contrario, si sposano. È l’aprile del 1932, e vanno a vivere con la famiglia di lei in via Solferino 35, non lontano dalla sede del «Corriere della Sera». Con l’aiuto del suocero, Mario comincia l’attività di rappresentante di commercio viaggiando per il Nord Italia con un campionario di profumi.
Nasce Gian Maria Volonté
Il 9 aprile 1933 nasce il primo figlio di Mario e Lina. Battezzato nella chiesa di S. Maria Incoronata come Giovanni Maria Romano, all’anagrafe viene disatteso il desiderio dei genitori e registrato come Gianmario, ma da subito sarà Gian Maria. Di lì a poco, per non meglio definite ragioni economiche, Mario e Lina devono abbandonare Milano per Torino. Allo scoppio della guerra d’Etiopia Mario abbandona il lavoro e rientra nella Milizia come volontario per l’Africa Orientale da dove rientrerà solo dopo la proclamazione della vittoria, il 9 maggio 1936.
Torino
Il 3 febbraio 1939 nasce il secondogenito di Lina e Mario: Claudio Aurelio Fausto Maria. Le ottime vendite di un detersivo da bucato permettono alla famiglia Volonté di migliorare le proprie condizioni economiche e di traslocare in un nuovo ed elegante appartamento in via Carlo Alberto 44.
Mario Volonté in carcere
Nel luglio del 1944 viene costituita la Brigata Nera Ather Capelli, un’unità militare da impegnare nella lotta antipartigiana. Mario Volonté ne guida la Squadra Pantera e nel mese di ottobre viene promosso tenente con l’incarico di formare un presidio a Chivasso. Il 15 novembre 1944 viene denunciato per malversazioni e soprusi contro la popolazione ed espulso dal Partito, accuse che respingerà sempre. Gli ultimi mesi di guerra li trascorre in carcere. Libero dopo il 25 aprile 1945. Il 7 agosto 1945 Mario Volonté viene arrestato per la seconda volta e condotto al campo di concentramento di Coltano. Tra le accuse più gravi c’è quella di aver causato la morte di tre persone durante due rastrellamenti. Il 27 novembre 1946 la Corte d’assise di Torino lo condanna a trent’anni di reclusione.
Gian Maria Volonté in Francia
Nella primavera del 1947, l’anno della seconda media, Gian Maria abbandona gli studi e comincia a lavorare in alcuni alberghi di Torino e provincia per aiutare la madre e il fratello. Due anni più tardi lascia Torino per il sud della Francia, dove va a lavorare nei campi e alla raccolta delle mele. Dopo alcuni mesi, trovato sprovvisto di documenti, viene condotto in un istituto per minori di Marsiglia. Con l’aiuto dell’Esercito della Salvezza e di un amico di famiglia, Gian Maria rientra in Italia a fine agosto del 1950, ma l’addio a Torino è soltanto rimandato.
La prima volta sul palcoscenico
Volonté comincia a frequentare lo Studio Drammatico Internazionale i Nomadi, una scuola di recitazione fondata da Edoardo Maltese. Gian Maria non può permettersi l’iscrizione regolare ai corsi, ma partecipa agli spettacoli allestiti dalla compagnia. L’Antigone di Anouilh, rappresentata il 20 aprile 1951, è la prima esperienza di Volonté, seguita da due altre interpretazioni sul palco di via Sacchi, La dea dell’infedeltà (Acidalia) di Niccodemi, e La sculacciata di De Letraz, due commedie brillanti. Il 22 luglio, dopo oltre centottanta rappresentazioni, la compagnia cessa la sua attività.
Volonté ha scoperto il piacere di esprimersi con il corpo e la voce. Nell’autunno del 1951 comincia la ricerca di una nuova compagnia. Non avendo abbandonato l’idea di lasciare Torino si rivolge al carro di Tespi del cavalier Ruta, capo dell’omonima compagnia itinerante lombardo-piemontese. All’inizio impiegato come aiutante di scena, solo diversi giorni dopo sale sul palco per interpretare piccoli ruoli. Il cartellone è sterminato: La fiaccola sotto il moggio e La figlia di Iorio di D’Annunzio, La morte civile di Giacometti, La maestrina di Dario Niccodemi, ecc. Volonté trascorre mesi a interpretare ruoli sempre più impegnativi. Una sera d’autunno del 1952, a metà di una rappresentazione, Gian Maria lascia la compagnia.
Volonté ha solo vent’anni ma dà prova di talento e valore. Alfredo De Sanctis, ultimo maestro della tradizione tardo ottocentesca, lo scrittura nella sua compagnia. La recitazione di Volonté sarà profondamente influenzata da questa esperienza e da quella dei Carri di Tespi. Finita la stagione con De Sanctis, che muore nel gennaio del 1954, si trasferisce a Roma con il sogno di entrare all’Accademia d’Arte Drammatica.
Il corso dell’Accademia dura tre anni. Gli allievi migliori ricevono borse di studio da 40.000 lire; al principio Volonté non è tra questi e per mantenersi – benché il regolamento dell’Accademia lo vietasse, pena l’espulsione – comincia a collaborare con alcune compagnie a gestione familiare. Volonté era introverso, aveva una cadenza torinese, e il suo modo di stare in scena, dovuto alle esperienze teatrali precedenti, non è apprezzato da tutti gli insegnanti. All’inizio del secondo trimestre l’ostracismo dei professori termina. I voti migliorano e arriva l’agognata borsa di studio. Volonté parteciperà da protagonista al saggio di regia della collega Vilda Ciurlo ma non è chiaro se ottenga il diploma. Le esperienze accumulate e i tre anni di insegnamenti dell’Accademia accresceranno il suo talento.
Gian Maria Volonté a Milano e Trieste
Fuori dall’Accademia e libero da qualunque obbligo, Volonté entra nella compagnia teatrale del Sant’Erasmo di Milano dove conosce il regista fiorentino Franco Enriquez. Nella stagione 1958-59 Enriquez inserisce Volonté tra gli attori della compagnia del Teatro Stabile di Trieste dove Volonté ha la fortuna di lavorare e incrociare artisti e professionisti di spessore. Poco prima di chiudere la stagione dirige e interpreta L’ultimo nastro di Krapp di Samuel Beckett al club La Cantina di Trieste, un’anteprima assoluta per l’Italia.
«L’idiota»
Il 6 giugno 1959 in una chiesa della periferia milanese Volonté si sposa con Tiziana Mischi, giovane attrice diplomata alla scuola del Piccolo. Trascorsa l’estate senza nuove scritture, i problemi economici di Gian Maria finiscono grazie all’incontro con Giorgio Albertazzi. L’attore toscano lo sceglie per interpretare Rogozin. L’idiota viene trasmesso dal 26 settembre al 17 ottobre 1959 sul Programma Nazionale (Rai 1) diventando uno degli sceneggiati televisivi di maggiore successo.
Nel 1960, dopo il teatro e la televisione, nella vita di Gian Maria entra il cinema, che finisce per soppiantare l’uno e l’altra. Un epilogo dovuto ad alcune circostanze e delusioni, ma anche a incontri come quello con l’agente Fausto Ferzetti, con cui stringerà un sodalizio che durerà più di vent’anni. Per il debutto in Sotto dieci bandiere di Duilio Coletti, la Dino De Laurentiis Cinematografica gli versa un compenso di 1.200.000 lire. Il set gli permette di conoscere Carlo Lizzani, responsabile della seconda unità, e il suo aiuto, Giuliano Montaldo, due registi che saranno per lui fondamentali nel prosieguo della carriera.
Gian Maria Volonté e Carla Gravina: Romeo e Giulietta
Nell’estate del 1960 Franco Enriquez chiama Volonté per interpretare Romeo nel classico shakespeariano che andrà in scena a Verona. Per il ruolo di Giulietta il regista sceglie Carla Gravina. Dall’incontro tra i due nascerà una romantica e travolgente storia d’amore che segnerà la fine del matrimonio tra Volonté e la Mischi. La vicenda susciterà grande scandalo e diventerà oggetto di attenzione dei rotocalchi scandalistici. Un anno più tardi, il 3 luglio 1961, da questa nuova relazione nasce Giovanna.
I fratelli Taviani scoprono Volonté in occasione della rappresentazione teatrale di Sacco e Vanzetti e lo scelgono per interpretare Salvatore Carnevale in Un uomo da bruciare del 1961. È il primo ruolo da protagonista al cinema. Seguirà due anni più tardi quello per il film Il Terrorista di Gianfranco De Bosio. Entrambe le pellicole vengono presentate alla Mostra del Cinema di Venezia riscuotendo apprezzamenti dalla critica.
Il 10 giugno del 1963 Carla Gravina, Ilaria Occhini, Corrado Pani, Luca Ronconi e Volonté annunciano la costituzione di una compagnia di prosa. Il 7 dicembre debuttano al Teatro Verdi di Pisa con un tutto esaurito rappresentando due commedie di Carlo Goldoni: La putta onorata e La buona moglie, fuse insieme in un unico spettacolo. Pochi giorni dopo il trasferimento al Teatro Valle di Roma, la sala comincia a svuotarsi e la compagnia sospende le repliche. Nel giro di pochi giorni all’interno del gruppo si crea una spaccatura.Lo scioglimento della compagnia determina una rottura insanabile. Per quasi vent’anni Volonté non rivolgerà più il proprio interesse al palcoscenico degli stabili.
Il Teatro Scelta
Nel gennaio 1964 Volonté costituisce una compagnia di teatro militante con Carlo Cecchi, Claudio Meldolesi e altri amici. Il gruppo passerà alla storia per aver tentato di rappresentare in via Belsiana 48 a Roma Il Vicario di Rolf Hochhuth. L’opera, almeno nella capitale, non verrà mai rappresentata, all’infuori di una semplice lettura, bloccata dalle forze di polizia per rispettare il Concordato del 1929.
Da Sergio Leone a Elio Petri.
Nella primavera del 1964 Volonté partecipa a un western girato da un semisconosciuto regista. Nei titoli e sui manifesti vengono utilizzati pseudonimi che rimandano al cinema americano per evitare che gli spettatori siano influenzati negativamente dall’italianità del progetto. I primi giorni di proiezione non sono promettenti, poi lentamente il passaparola ne decreta il successo. Mentre il western macina incassi Volonté diventa sempre più popolare tra il pubblico ma soprattutto tra i produttori. Nei due anni successivi gira otto film tra cui Per qualche dollaro in più, L’armata Brancaleone di Mario Monicelli e Quién sabe? di Damiano Damiani. Nel 1967 arriva al cinema A ciascuno il suo. Il film consacra Volonté come uno degli attori italiani più importanti del momento e segna l’inizio di una nuova fase artistica oltre che di una duratura amicizia con il regista Elio Petri e lo sceneggiatore Ugo Pirro.
Gian Maria Volonté tra amore e rivoluzione
Tra il 1967 e il 1973 Volonté lavora in ben diciotto film diventando il protagonista di un genere che verrà definito cinema politico, non senza il disappunto di Volonté stesso. Sollima, Damiani, Lizzani, Taviani, Godard, Melville, Bellocchio sono alcuni registi con i quali lavora ma è soprattutto con Montaldo, Rosi e Petri che raggiunge le vette più alte della sua recitazione (per la filmografia completa si rimanda a questa pagina). Questa stagione coincide con una nuova storia d’amore, quella con Armenia Balducci, e con un’attiva partecipazione sociale. Volonté si fa portavoce della SAI, Società attori italiani; tra gli obiettivi principali della lotta l’attuazione del principio dell’inscindibilità voce-volto. Non solo cinema, Volonté ritorna al teatro anche se di strada. Insieme a un nutrito gruppo di attori, non tutti professionisti compie senza un vero copione una serie di azioni nelle piazze di Roma prendendo spunto dall’attualità.
Il commissario Gian Maria Volonté
Dopo il grande rifiuto di Metti, una sera a cena (leggi i dettagli) Volontè torna a farsi dirigere da Elio Petri. Indagine su un cittadino al di sopra di ognisospetto, uno di quei casi in cui il cinema va in cortocircuito con la realtà anticipandola, consacra Volonté tra gli attori italiani più noti al mondo. La pellicola riceverà il premio Oscar come miglior film straniero nel 1971.
Il sodalizio Gian Maria Volonté – Francesco Rosi
Il biennio 1969-70 è significativo nella carriera di Volonté anche per l’inizio della collaborazione con Francesco Rosi e Giuliano Montaldo. Rosi e Volonté si ritrovano a ottobre del 1969 nella Jugoslavia di Tito per girare Uomini contro tratto da Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu. L’anno seguente Volonté interpreta Bartolomeo Vanzetti in Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo, il film chiude la rassegna del concorso al Festival di Cannes del 1971 ricevendo una calda accoglienza. Tra il film di Rosi e quello di Montaldo, Volonté si affaccia per la prima volta sulla ribalta francese partecipando a Le cercle rouge di Jean-Pierre Melville. L’apporto dell’attore italiano è notevole, come quello degli altri interpreti: Alain Delon, Yves Montand e André Bourvil, tre stelle che completano un cast di prima grandezza.
Una Palma per due
Smessi i panni di Vanzetti indossa quelli di «Massa Ludovico, detto Lulù» nel film La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri. Nella primavera del 1971 torna a lavorare con Rosi per Il caso Mattei in cui si racconta la rapida ascesa e il tragico epilogo del presidente dell’Eni. Il 4 maggio 1972 si apre il Festival di Cannes. I due film sono accreditati, insieme a Volonté, come possibili vincitori. Volonté invia alla Direzione e alla giuria un telegramma in cui afferma il proprio impegno per denunciare la carcerazione di Pierre Clementi e l’espulsione dall’Italia di Lou Castel. Negli ambienti cinematografici si farà largo l’idea che il telegramma abbia impedito a Volonté di ricevere il premio per la migliore interpretazione, che viene commutato nel Gran Premio ex aequo ai due film italiani in concorso. In ogni caso la giuria sottolinea l’eccezionalità dell’interpretazione con una menzione speciale.
Fine della grande stagione del cinema politico
A metà dicembre del 1972 a Vicari, una cittadina del palermitano, Volonté inizia le riprese di Lucky Luciano, terza collaborazione con Francesco Rosi. Il regista ama condurre Gian Maria nei luoghi in cui avrebbero girato per farlo entrare nel clima delle riprese, lo stesso avviene per la preparazione del personaggio dal punto di vista fisico. Nello stesso anno venne prodotto e distribuito Giordano Bruno, secondo e ultimo film di Giuliano Montaldo con Volonté protagonista. Gian Maria chiuse il 1973 con le riprese del terzo film di quell’anno, Il sospetto, titolo poi modificato in fase distributiva in Il sospetto di Francesco Maselli. Si chiude così la fase artistica più prolifica dell’attore. In questi ultimi dieci anni il cinema d’autore italiano aveva interpretato i forti mutamenti della società, ma qualcosa stava cambiando.
Gian Maria resta per oltre un anno lontano dai set, trascorrendo molto tempo libero in Sardegna, dove si dedica alla barca a vela, una passione accarezzata da ragazzino e che in tempi recenti aveva riscoperto. Nel novembre del 1974 s’iscrive ai corsi di primo livello al Centro Velico di Caprera. Da quel momento l’arcipelago della Maddalena diventa per lui un luogo sempre più familiare.
Gian Maria Volonté consigliere regionale del Pci
Nel febbraio del 1975 Gian Maria parte per il Messico per prendere parte ad Actas de Marusia del cileno Miguel Littín. Era stato tra i primi a manifestare solidarietà agli esuli e ad aiutarli. Actas de Marusia racconta di una rivolta dei minatori soffocata nel sangue, in un villaggio del Cile, nel 1907. Il film ottiene la nomination all’Oscar come miglior film straniero e contribuisce alla causa cilena. Intanto i dirigenti di Botteghe Oscure offrono a Gian Maria Volonté una candidatura alle elezioni amministrative. Dopo molte resistenze, l’attore accetta. Il 16 giugno 1975 viene eletto consigliere regionale del Lazio con ventiseimila voti. Volonté si cala nel ruolo del consigliere regionale ma il suo entusiasmo deve fare presto i conti con le difficoltà della politica e dopo sei mesi si dimette.
Todo modo
Nel dicembre del 1975 Volonté ritrova sul set l’amico Elio Petri, ultima collaborazione tra i due e penultimo film del regista romano. Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Sciascia uscito l’anno precedente, il film diventa un’accusa alla classe politica democristiana e al suo leader Aldo Moro. Per la prima volta Marcello Mastroianni e Volonté lavorano insieme, un’occasione per rinsaldare l’amicizia tra i due attori. La critica italiana giudicherà l’opera eccessiva nella narrazione e nello stile, secondo qualcuno avrebbe favorito la Dc nonostante le opposte intenzioni. La morte di Moro contribuirà a condannare il film all’oblio, e si dovranno attendere anni più recenti per una sua riabilitazione pubblica.
Quando Gian Maria Volonté disse no a Federico Fellini
A metà degli anni Settanta sono almeno tre le proposte cinematografiche che Gian Maria Volonté rimandò al mittente. Il rifiuto più noto riguarda Il Casanova di Federico Fellini. Una mattina squillò il telefono. Era Fellini, con la sua voce sottile e stridula, voleva parlare con Gian Maria, ma lui finse di non esserci. Così fu per diverse telefonate finché si incontrarono. Gian Maria lesse la sceneggiatura e fece una smorfia, non si ritrovava nel personaggio, né tanto meno aveva intenzione di mettersi la parrucca. Per la prima volta un attore osava dire no a Fellini.
Cristo si è fermato a Eboli
Nell’inverno del 1978 Gian Maria cominciò a girare un nuovo film con Francesco Rosi, tratto da Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Il film ebbe una fase di produzione lunga e faticosa, da marzo a luglio del 1978. Il film segnò un passaggio nella carriera di Rosi, l’inizio di un nuovo percorso con un’opera antropologica che aiutasse a riflettere e a denunciare, non senza malinconia, l’attualità della questione meridionale, ancora irrisolta. Secondo Rosi, un risultato ottenuto attraverso un tramite unico e raro: Gian Maria Volonté. Sul grande schermo comparve un Carlo Levi riflessivo, silenzioso, testimone attento e partecipe della realtà che lo circondava, una figura che anticipava una nuova fase artistica e personale di Gian Maria, ormai quarantacinquenne, quella della maturità.
La denuncia dei ventotto
Nel novembre del 1978 un gruppo di attori denunciarono per truffa ai danni dello Stato una serie di società che avevano richiesto per i loro film il riconoscimento della nazionalità italiana al fine di beneficiare dei contributi governativi. Secondo l’accusa le pellicole erano state girate in inglese e poi doppiate in italiano, quindi non avrebbero potuto godere dei benefici previsti dalla legge. La questione voce-volto era stata già discussa nel decennio precedente, ma le promesse erano state quasi sempre disattese. Una battaglia nata per tutelare gli attori e quindi farli lavorare, là dove invece in moltissimi lavoravano solo al doppiaggio. La denuncia dei ventotto, come venne chiamata allora, perché furono ventotto gli attori a firmarla alla prima assemblea del Teatro Belli non portò risultati concreti. Per quegli attori che più di altri si erano esposti cominciarono le liste di proscrizione.
Stark System
Reduci dalla perduta battaglia sindacale, Gian Maria e Armenia occuparono il tempo a definire i dettagli di Stark System. Il film racconta le angosce di un attore per caso, un ex poliziotto che in seguito a un incidente di servizio ha perso la sua voce virile per una in falsetto. Spiega Gian Maria: «Si vuole ironizzare sullo Star System, ma Stark è il nome del protagonista che è anche una star […]. Racconta le preoccupazioni e i fantasmi che rendono insonne un attore del filone poliziesco di serie B […]. La vita del protagonista è una vita fatta di angosce, l’angoscia di perdere il lavoro, di non piacere più al pubblico […]». Il film naufragò al botteghino. Ricorda Sebastiano, il figlio di Armenia: «Stark System fu la loro rovina economica. Alcuni per ravvivare il proprio rapporto fanno un figlio, loro realizzarono un film. In un certo senso lì si chiuse un periodo».
La malattia
Una mattina di metà febbraio Gian Maria chiamò l’amico e medico Antonio Severini. Da alcuni giorni accusava un dolore. Si decise a fare una radiografia, non c’era nulla di rotto, ma Severini notò qualcosa di anomalo. Nell’ambiente cinematografico romano e sulla stampa si diffusero notizie allarmanti e romanzate. Il 20 marzo 1980 Gian Maria subì l’asportazione del polmone sinistro. L’operazione ebbe esito positivo e fu dimesso dieci giorni più tardi. «Ho passato un brutto momento perché quando meno te lo aspetti, di punto in bianco ti trovi alle prese con quello che è il male mitico di questo secolo. Questo perché una diagnosi definitiva fino a quando non ti aprono non si può fare. Ho passato venti giorni prima dell’intervento chirurgico in modo assolutamente anomalo. Puoi pensare tutto, è come se ti spegnessero di colpo tutte le luci, la vita diventa un’altra cosa, è una cosa difficile da raccontare».
Girotondo
Il 20 ottobre 1981, a diciassette anni di distanza dalla sfortunata esperienza con la Compagnia dei Nuovi Giovani, Gian Maria e Carla tornavano insieme sul palco, per interpretare Girotondo di Arthur Schnitzler. In un’alcova della Vienna di fine Ottocento, ricostruita dallo scenografo Mario Ceroli con riferimenti alle opere di Francis Bacon, Gian Maria prese le dieci coppie di amanti del testo originale e le ridusse a una, costruendo una rappresentazione circolare e ripetitiva, radicale, lugubre e mortuaria. Al termine della prima, la maggior parte degli spettatori contestò la rappresentazione. La critica definì lo spettacolo noioso, privo di senso, in ritardo di vent’anni, e quindi vecchio, con l’unico merito di durare un solo atto.
CONTINUA… [Pagina in costruzione – ultimo aggiornamento 31 ottobre 2024]
ttps://www.addeditore.it/catalogo/mirko-capozzoli-gian-maria-volonte/