Metti, una sera a cena con Volonté

 

Cinquant’anni fa andava in scena il grande rifiuto

Ottobre del 1968. Finite le vacanze in Sardegna, Gian Maria Volonté avrebbe dovuto cominciare le riprese di Metti, una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi. Tuttavia dopo una notte insonne restituì l’anticipo di due milioni e mezzo e rinunciò al film. La produzione bloccò le riprese e lo citò in giudizio per inadempienza contrattuale. A molti giornali non sembrò vero di poter mettere sulla graticola il compagno Volonté.

Iniziarono a circolare ipotesi fantasiose. Secondo alcuni durante le riprese del film L’amante di Gramigna di Carlo Lizzani era rimasto sconvolto dal sistema comunista bulgaro. Insomma il rifiuto sarebbe nato da una crisi mistico-politica. «Estroso, imprevedibile, spesso bizzarro, egli appariva un personaggio abbastanza singolare anche quando non era nessuno. […] Insieme col successo aveva raggiunto belle macchine e, da quest’estate, anche uno yacht. […] Ma si era fatto sempre più arrogante coi compagni di lavoro e i vecchi amici, esigente e capriccioso. Non si presentava agli appuntamenti, spariva per giorni interi […].» [1]L. Ma., Volonté in grave crisi politica decide di abbandonare il cinema, «La Stampa», 9 ottobre 1968.

Non sono diventato buddista

«Non sono in crisi, non sono diventato buddista, non ho stracciato tessere che non posseggo e non ho mai posseduto. Attraverso semplicemente un periodo difficile: devo risolvere alcuni problemi di carattere spirituale e professionale. […] Uno la mattina si sveglia e si sente offrire delle cifre altissime per lavorare. Viene spontaneo allora rifletterci su e concludere: o io sono un genio o c’è qualcosa che non funziona. […] Mi sono accorto che seguendo la strada che mi si andava aprendo sarei diventato un “oggetto”, uno strumento nelle mani di persone che perseguono interessi che non sono i miei. Per questo ho deciso di troncare. Ora voglio soltanto starmene in pace, concentrarmi sul mio lavoro, evitando il pericolo di essere trasformato in un fenomeno da baraccone».

Dunque il problema non era il film, ma il sistema produttivo cinematografico, del resto in quello stesso periodo Volonté aveva rinunciato a duecentocinquanta milioni da De Laurentiis per girare quattro film in due anni.

A fine ottobre Gian Maria precisò il suo stato d’animo

«Io ricordo che quando ho cominciato a fare l’attore (a diciotto anni) a tutto ho pensato tranne che ad arricchire. Ho sempre visto che gli attori, i quali perseguivano un determinato itinerario (quello dei grandi guadagni), erano portati ad un inaridimento dal punto di vista espressivo. Mi rifiuto di fare lo stesso. […] Quando un attore arriva ad un certo punto nella scala del successo, quando i suoi film incassano, scatta un certo meccanismo, gli vengono offerti molti milioni. […] È il momento in cui se non rifiuta, se accetta, diventa un robot. Allora comincia a scoprirsi gli hobbyes, a trovare cioè una valvola di scarico. Impara a pilotare un aereo o altre cose assurde, che non servono a nulla. Io mi sono scoperto navigatore, sono salito su una barca e sono andato per mare: non ho fatto altro che vomitare, prendere calmanti, nella barca entrava acqua, ho rischiato di affogare!». (Maria Maffei, “Rifiuto il cinema per rifiutare il sistema”, «Noi donne», 26 ottobre 1968.)

References

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1 L. Ma., Volonté in grave crisi politica decide di abbandonare il cinema, «La Stampa», 9 ottobre 1968.

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