Il “Teatro Scelta” di Gian Maria Volonté

Nel gennaio 1964 Gian Maria Volonté costituì una compagnia di teatro militante con Carlo Cecchi, Claudio Meldolesi, Carla Gravina e altri amici, molti dei quali provenienti dall’Accademia. Insieme presero parte a una serie d’incontri nell’appartamento dell’intellettuale Franco Prattico e di sua moglie, la pittrice e coreografa Elvira De Luca. Prattico, all’epoca scrittore e cronista a «l’Unità», contribuì dal punto di vista ideologico e letterario collaborando alla stesura di un manifesto chiamato Teatro Scelta.

Manifesto del “Teatro Scelta”

Crediamo che il Teatro, lungi dall’essere un antenato ormai inutile del cinema e della televisione, debba e possa trovare oggi i motivi di una sua rinnovata ed urgente novità nell’impegno e nella scelta civile, politica e culturale.

Le poche scelte che da noi sono avvenute sono state lentamente svuotate, soprattutto in questi ultimi anni, del loro originario contenuto di rottura e assorbite da una mentalità tecnocratica e formalista. Il teatro è diventato un’oasi senza polemiche, un sogno corporativo tendente a conservare la casta di chi ne vive.

I fini commerciali dell’iniziativa privata contribuiscono in modo determinante a soffocare ogni impegno ed ogni tentativo di scelta, in ciò agevolati dal paternalismo dell’intervento statale, che, così come è attualmente strutturato, favoriscono il malcostume e le preoccupazioni di “cassetta”, impedendo che qualsiasi scelta divenga attiva.

Un teatro di Stato

Noi siamo, in primo luogo, per un teatro di stato, ma pensiamo che invece di creare enti e circuiti indirettamente censori, lo stato democratico debba sentire il teatro come suo dovere educativo e civile, al pari delle altre grandi organizzazioni di cultura, come ad esempio la scuola, promuovendo uno stabile Teatro Nazionale che crei una coscienza teatrale nel nostro paese e che consenta una moderna valorizzazione del patrimonio teatrale.

In pari tempo, lo stato ha il dovere di appoggiare e favorire la nascita e lo sviluppo di teatri e di gruppi di tendenza, di ogni indirizzo, che conducano la battaglia di punta per la ricerca delle strade più proprie ai mezzi di espressione teatrale della nostra epoca e della società in cui viviamo.

Libertà ideologica 

Nessuna forza politica e culturale può sottrarsi, al pari dello Stato, al dovere che il Teatro rappresenta. Evitando il dannoso sistema dell’impresa privata commercializzata, un sistema di sovvenzioni politicamente discriminante consentirà una convergenza ideale tra sovvenzionato e gruppi teatrali, garantendone la libertà ideologica e artista. Le sovvenzioni ottenute dovranno essere amministrate attraverso l’autogestione del gruppo, sopprimendo così qualsiasi degenerazione commerciale e privatistica del sistema.

Una missione libertaria 

La nostra azione è intesa ad affermare la possibilità e l’esigenza di un teatro di tendenza, nel più vasto contesto che abbiamo indicato. Non ci interessa lusingare il pubblico viziato ed annoiato dei soliti circuiti, semmai aggredirlo e convincerlo, con la forza dei contenuti a cui ci richiamiamo, della missione liberatoria e rivoluzionaria del teatro moderno. In pari tempo, noi ci proponiamo di estendere la coscienza teatrale a quel pubblico popolare allontanato e disdegnato sia da certe avanguardie, che dal teatro in doppio petto. È dal contatto e dalla fusione con un pubblico popolare e progressista, che anche la nostra azione per un rinnovamento del teatro trae significato e forza.

Gli scrittori devono avere coraggio

L’humus del teatro sono i testi. In Italia, più che i copioni, mancano il coraggio e la visione di una nuova e rivoluzionaria funzione del teatro nella società. Gli scrittori non credono nel teatro; coloro che scrivono per esso non hanno fiducia nella loro funzione, si ancorano ad una visione e ad un repertorio o vecchi, o d’accatto. Solo se gli scrittori si renderanno conto che ciò che chiede loro il teatro è un atto di coraggio e di spregiudicatezza, sarà possibile realizzare un repertorio valido.

Gli artisti guardino al teatro 

La capacità e la preparazione di attori e registi sono ogni mese prevalentemente al servizio del cinema, della televisione, del doppiaggio, visti come più sicure fonti di guadagno, relegando su un piano secondario l’attività teatrale, che viene considerata sempre meno il naturale sblocco della formazione di un attore o di un regista. È un triste fenomeno di trasformazione di una vocazione e di un’antica professione in “mestiere” senza partecipazione e senza amore, che si ripercuote ovviamente anche sui quadri organizzativi e tecnici del teatro, che si vanno rarefacendo. Il risultato di questa tendenza è un vuoto nel teatro, che si allarga purtroppo di giorno in giorno.

Colmare un vuoto

Ci proponiamo, mediante la nostra attività e la nostra ricerca, di colmare questo vuoto e restituire alla missione teatrale il suo primitivo valore. La prima fase del nostro lavoro consisterà in cicli di letture e dibattiti nella nostra sede, nella divulgazione di tentativi teatrali presso sedi periferiche e presso pubblici nuovi. Ci proponiamo il compito della ricerca e della divulgazione di un teatro moderno, impegnato e culturalmente avanzato, della restituzione al teatro della sua insostituibile funzione stimolatrice che né cinema, né televisione possono assorbire e principalmente della ricerca e del contatto con un pubblico nuovo che nel teatro trovi una espressione dei suoi problemi, delle sue scelte e dell’ansia di rinnovamento che lo anima e della quale la nostra iniziativa tende ad essere espressione.

[1]Il manifesto è conservato nel fondo Bassolino presso l’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (ASCER), “Giancarlo Spizzichino

[Mirko Capozzoli, Gian Maria Volonté, Add editore, Torino, 2018].

References

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1 Il manifesto è conservato nel fondo Bassolino presso l’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (ASCER), “Giancarlo Spizzichino

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