Gian Maria Volonté scoprì la passione per la barca a vela nell’estate del 1968. Non tutti sanno infatti che oltre che un grandissimo attore fu anche un abile velista. Nella sua barca più amata Gian Maria fece incidere un verso di Paul Valéry: «Le vent se lève… il faut tenter de vivre».
La vela
Le prime barche acquistate furono due bellissime golette costruite dai cantieri Moltedo di Santa Margherita Ligure. Nel novembre del 1974 Gian Maria Volonté s’iscrisse ai corsi di primo livello al Centro Velico di Caprera. Da quel momento l’arcipelago della Maddalena diventò per lui un luogo sempre più familiare. Quando l’agente Fausto Ferzetti gli proponeva un film, prima di tutto Volonté domandava quando sarebbe stato girato. Se le riprese erano previste per l’estate era capace di rifiutare, perché era la stagione dedicata alla barca e nessuno avrebbe potuto distoglierlo dal proposito; per due o tre mesi avrebbe vissuto isolato, lontano dalle produzioni e da ogni altra distrazione. In mezzo al mare tutto sembrava lontano e possibile, anche fuggire, come quando da ragazzo si era ritrovato tra i contadini francesi o aveva seguito il teatro itinerante.
Il capitano Gian Maria Volonté
Gian Maria Volonté prendeva la vita in barca molto seriamente e questo si ripercuoteva sui compagni di viaggio. Tutto doveva essere organizzato e tenuto in ordine per superare le emergenze, uno stato d’ansia costante accompagnava il capitano Volonté. Non amava attraccare nei porti, né sostarvi a lungo, e dunque acqua e cibo andavano usati con parsimonia. Tuttavia i momenti conviviali non mancavano, Gian Maria cucinava per i suoi ospiti ed era capace di racconti divertenti e di scherzi formidabili. Di quelle traversate nel Mediterraneo assieme alla famiglia e agli amici restano divertenti aneddoti. Racconta Sebastiano Zampa:
«Gian Maria non era il genitore che diceva sempre cosa dovevi o non dovevi fare, però era uno che elargiva giudizi taglienti. Una volta in barca portai un mio compagno di scuola, ci diceva che non potevamo fare la doccia perché avremmo sprecato l’acqua, o cose di questo tipo. Lui si rifaceva alla scuola di vela francese Les Glénans che era come un collegio militare. A mia madre disse che per me e il mio compagno di scuola, all’epoca facevamo il secondo liceo, ci sarebbero voluti i VoPos per raddrizzarci…». [1]Intervista a Sebastiano Zampa di M. Capozzoli, 20 giugno 2017.
“Che fai, dormi?”
L’amore per la vela maturò insieme a quello per la pesca. Un anno Gian Maria comprò duecento metri di tramaglio perché aveva intenzione di mangiare pesce fresco ogni giorno delle sue vacanze. Un amico trascorse incautamente l’estate con lui.
«Alla prima occasione, credo fosse in Sardegna, andammo verso le 17 con il gommone a mollare la rete. Tornammo distrutti. Alle quattro del mattino me lo trovai davanti. “Che fai, dormi?” mi disse. “Andiamo a salpare il tramaglio, altrimenti i pesci scappano”. Andammo in mare aperto. Freddo, ore e ore per tirare su la rete. Io obbedivo perché era tremendo, si era letto tutti i libri di mare. Secondo Gian Maria il marinaio che non ottemperava ai propri compiti doveva fare il giro di chiglia legato a una corda e immerso nell’acqua finché non fosse uscito dall’altro lato. Quella vacanza fu una tortura: al mozzo, cioè al sottoscritto, spettava pulire il pesce… un giorno lo boicottai tagliando la rete». [2]Intervista a Luciano Balducci di M. Capozzoli, 23 giugno 2017.
Le vent se lève…
Nella tarda primavera del 1976 Gian Maria Volonté raggiunse Southampton nella costa sud-ovest dell’Inghilterra per prendere possesso di quella che sarà la sua barca più amata, un Camper & Nicholsons di 35 piedi, che chiamò Arzachena, in ricordo di una disavventura avuta nel golfo sardo, quando cadde in mare rischiando di morire. Ne seguì la realizzazione nei cantieri inglesi, in una parete di legno fece incidere un verso di Paul Valéry: «Le vent se lève… il faut tenter de vivre».
Con l’Arzachena dall’Atlantico al Mediterraneo
Volonté condusse l’Arzachena in Italia insieme ad alcuni amici e compagni occasionali veleggiando attraverso l’Atlantico e il Mediterraneo. Verso fine giugno, superato Gibilterra, dovette fare tappa in Andalusia per sbarcare parte dell’equipaggio che si era ammutinato dopo l’ennesimo litigio. Non aveva ancora abilità e conoscenze tali per governare da solo una barca a vela di quelle dimensioni, i compiti erano tanti e l’unico compagno rimasto, l’ex collega di Accademia Attilio Cucari, non bastava. Chiese quindi a Fausto Ferzetti di mandargli qualcuno. Il perfezionismo del marinaio Volonté e la sua vocazione al comando erano noti e dunque in pochissimi erano disponibili al sacrificio. Rispose soltanto Fabio Ferzetti, reduce dal primo anno di università a Parigi e privo di esperienza nautica.
«Gian Maria non attraccava quasi mai, non era il suo forte e dunque ad Algeri restammo in rada senza entrare nel porto. Non si poteva lasciare la barca incustodita e sorteggiammo chi dovesse restare. Toccò a me e borbottai qualcosa mentre si allontanavano sul gommone. Dopo alcuni minuti Gian Maria fece ritorno inferocito. Mi accusò di averlo chiamato fascista ed era furioso, in verità non ricordavo di averlo detto. Gli dissi che ci maltrattava, capì e ci chiese scusa. Continuammo insieme fino alla Tunisia».[3]Intervista a Fabio Ferzetti di M. Capozzoli, 14 aprile 2018.
Gian Maria Volonté istruttore di vela a Caprera
Condotta la barca a destinazione, nell’autunno del 1976 Gian Maria Volonté riprese la formazione presso il Centro velico di Caprera dove a Natale superò l’ambìto corso Istruttori. Nella scheda di valutazione lo si definisce serio, ponderato, prudente con attitudini al comando, talvolta impaziente, e «infastidito dalla sua notorietà professionale».
«Gli allievi erano affascinati per la sua presenza, ma la sua semplicità e umanità, unite alla sua esperienza marinaresca, rendevano sia a terra sia in mare il suo incontro come rassicurante, semplice, proprio come tra gente di mare. […] La tosse e le mitiche Gitanes e Gauloises, contrassegnavano la sua presenza. Ma la sua risata coinvolgente, intelligente, irrefrenabile, è tra i ricordi più belli, come quando lasciava intuire il suo amore per Maddalena e la sua barca Arzachena».[4]Ricordo di Gian Maria di Paolo Prozzo, inviato a M. Capozzoli.
[Mirko Capozzoli, Gian Maria Volonté, Add editore, Torino, 2018]