Da bambino ero terrorizzato dall’inquilino del pian terreno. Si chiamava Pescarmona Giuseppe ed era stato un sommergibilista. Negli anni ho dimenticato tanti nomi, non il suo. Ho davanti agli occhi la sua cassetta della posta, poco sotto la nostra. Mi chiedevo sempre chi potesse scrivergli, non l’avevo mai visto insieme a qualcuno, mai. Negli anni Ottanta i genitori non venivano a prenderti a scuola, almeno non tutti, e certamente non i miei, se non il sabato. Quando rientravo da solo non avevo paura di attraversare corso San Maurizio, di passare davanti all’università, dove c’erano sempre buffi personaggi, né di quel bar dove il fumo era così denso che facevo fatica a scorgere i cabinati dei videogiochi, ma avvicinandomi a casa tra i miei pensieri si faceva largo lo spettro di Pescarmona Giuseppe.
Abitavo al secondo piano e dovevo passare davanti alla sua porta per salire. L’ingresso della scala B era un antro buio e solo a un passo avrei potuto essere certo della sua presenza. Il più delle volte se ne stava in un angolo, in piedi, sotto il suo cappello, avvolto da un cappotto fuori misura. Parlottava frasi senza senza senso, o almeno così mi sembravano. Tutto qui, bastava questo a farne lo spauracchio dei bimbi di via Tarino 2.
Le mie paure svanirono la mattina del 15 aprile 1986. Quando mi svegliai Pescarmona Giuseppe non c’era più. Era stato portato via nella notte da un’ambulanza. Una stufetta elettrica aveva causato un incendio nel piccolo alloggio. I vigili del fuoco lo trovarono vicino alla porta nel vano tentativo di aprirla. Morì soffocato. Quando scesi le scale l’odore acre del fumo era ancora intenso. La porta era aperta, diedi uno sguardo veloce e andai a scuola.
Giuseppe Pescarmona, il sommergibilista
Per anni mi sono portato dietro quel nome. Solo recentemente negli archivi La Stampa ho scovato alcune informazioni. Giuseppe era un giovane marinaio di poco più di vent’anni quando il sommergibile su cui era stato imbarcato fu silurato dagli inglesi. Fu tra i pochi sopravvissuti, ma dall’evento non si riprese mai completamente. Chissà quali altre storie nascondeva. Aveva ricevuto le giuste cure? Oppure era finito nei gironi infernali manicomiali? Aveva una famiglia? Mi piacerebbe trovare qualche risposta.
Ciao Mirko, avevo dimenticato questo nostro vicino di casa, mi hai riportato indietro di questi ricordi. Si correva per oltrepassare quella porta semi aperta. Complimenti per il libro.
Maria Cannone
Ciao Maria, grazie per i complimenti. Un caro saluto. Mirko