Giuseppe Biasini, l’infermiere che sfidò il manicomio.

Ho conosciuto Giuseppe Biasini nel marzo del 2005. Avevo appena cominciato a lavorare al mio film documentario Fate la storia senza di me che cinque anni più tardi mi avrebbe portato alla Mostra del Cinema di Venezia.

Giuseppe Biasini

Portami su quello che canta

Il progetto era nato leggendo Portami su quello che canta di Alberto Papuzzi, la storia drammatica del processo contro lo psichiatra Giorgio Coda che alcuni pazienti chiamavano l’elettricista, un riferimento assai poco velato agli elettroshock, anzi agli elettromassaggi, praticati più per punire che per curare.

Portami su quello che canta

Giuseppe Biasini, unico testimone

Figura chiave di questa vicenda giudiziaria fu l’infermiere Giuseppe Biasini, l’unico tra gli infermieri a testimoniare contro Coda. Racconta Biasini: «L’elettromassaggio si fa alla regione lombopubica e alla testa. Nell’elettromassaggio la durata del passaggio di corrente è più prolungata. Ho assistito a elettromassaggi. Il dottor Coda, un giorno, per avere sentito un paziente che cantava, lo fece prendere per praticargli l’elettromassaggio». 

L’intervista inedita

Nessuno altro, neanche tra gli psichiatri più progressisti accettò di sfidare Coda in tribunale.  Mi parve evidente fin dal principio delle mie ricerche quanto la figura di Biasini fosse centrale nella storia che volevo raccontare. Alcune conoscenze in comune mi permisero di entrare in contatto con lui e in breve di diventarne amico. Purtroppo però la nostra amicizia durò appena lo spazio di un’estate perché Pino morì improvvisamente in un afoso pomeriggio di luglio. Non feci in tempo a fermare in video la sua testimonianza ma raccolsi comunque con un piccolo registratore la nostra prima conversazione, oggi ancora inedita.

Screenshot

Giuseppe Biasini, per quanto a oggi sia ai più sconosciuto, fu tra quelli che contribuirono ad abbattere i muri manicomiali e a superarli.  Infatti il 24 novembre 1969 firmò con lo psichiatra Enrico Pascal uno dei primi documenti di contestazione e di proposta al decentramento dell’assistenza. Inoltre nel 1972 insieme al professor Gustavo Gamna ottenne il trasferimento all’ambulatorio di via Giovanni Paisiello, uno dei primi servizi esterni sperimentali di Torino.

 

 

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