«Volonté è stato protagonista indiscusso di una stagione del nostro cinema singolarmente interessante, dialettica, combattuta, viva e questo volume ha lo scopo di celebrarlo». Inizia con queste parole il libro Gian Maria Volonté. L’immagine e la memoria a cura di Valeria Mannelli, uscito da poche settimane, rivisto e ampliato rispetto alle due edizioni precedenti, grazie al sostegno del Museo Nazionale del Cinema di Torino che conserva l’archivio personale dell’attore.
Intervista a Valeria Mannelli
Valeria Mannelli vive a Bologna dove da venticinque anni insegna italiano, storia e geografia alle scuole medie. Ci conosciamo da circa vent’anni, ci lega la comune passione per Gian Maria Volonté e a ogni importante anniversario del grande attore capita di incontrarci o almeno di sentirci al telefono per riannodare l’amicizia che ci lega. L’uscita del libro mi è parsa una buona occasione per intervistarla.
Iniziamo da una piccola curiosità. Hai conosciuto Gian Maria Volonté?
No, non l’ho mai conosciuto. L’ho incrociato una volta alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1991 quando ancora ero una studentessa. Non ci ho parlato, ma lo ricordo in compagnia di Angelica Ippolito. È un’immagine nitida.
Quando Volonté è morto tu avevi venticinque anni. Che ricordi hai di quel periodo?
Dopo la sua morte mi faceva effetto che di lui si parlasse pochissimo, c’era come una sorta di rimozione, e questo lo si percepiva chiaramente. Mi ero appena laureata in Storia e critica del cinema a La Sapienza di Roma con una tesi su Glauber Rocha, quindi non su Volonté. Avevo comunque molto interesse verso un certo tipo di film. La coincidenza un po’ curiosa è che il regista brasiliano e Volonté lavorarono insieme in Vento dell’est di Jean-Luc Godard.
Intorno alla metà degli anni Novanta mi sono trasferita a Bologna dove conducevo una trasmissione radiofonica in cui trattavo di cinema. Un giorno insieme al resto della redazione andammo a chiedere alla Cineteca di organizzare un tributo a Volonté. Ci sembrava curioso che non ci avessero pensato. Ci risposero che avremmo potuto occuparcene noi ma a nostre spese. Gliene parlai una seconda volta tempo dopo quando scrivevo per «Cinemasessanta». Il direttore della rivista Mino Argentieri mi organizzò un colloquio. Fu l’occasione per riproporre un omaggio al grande attore. Mi risposero che si poteva programmare una rassegna ma a patto che pensassi a tutto io.
L’idea del libro «Gian Maria Volonté. L’immagine e la memoria» come è nata?
Il caso volle che mio padre fosse a Roma in cura da Antonio Severini, medico ma sopratutto caro amico di Volonté. Aveva lo studio a piazza in Piscinula a Trastevere. Mio padre gli raccontò le mie intenzioni e le mie difficoltà con la Cineteca. Severini chiese di incontrami, fu lui a spingermi a scrivere un libro, dopodiché mi mise in contatto con Angelica Ippolito, l’ultima compagna di Volonté.
Come andò il vostro primo incontro?
Lei era molto riservata, almeno all’inizio, ma anche contenta che una giovane si avvicinasse e proponesse qualcosa su Gian Maria. Promise di supportarmi, anche con diverso materiale, ma il dolore per la perdita era ancora molto vivo per cui non ebbi possibilità di farle molte domande. Mi mise in contattato con Fabrizio Deriu che stava lavorando a una monografia e con Armenia Balducci che era stata la compagna di Volonté tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta. Anche Armenia abitava a Trastevere; fu gentile, mi mise tra le mani degli appunti inediti che in parte ho pubblicato nel libro.
Il libro è stato pubblicato la prima volta nel 1998, adesso siamo alla terza edizione. Com’è strutturato?
Dunque il libro si apre con una conversazione tra Gian Maria Volonté e Giovanni Petitti. L’incontro si svolse a Velletri il 31 ottobre del 1994 poco più di un mese prima della scomparsa dell’attore. È considerata l’ultima intervista rilasciata da Volonté.
Non voglio nemmeno più condividere, con la mia presenza in questo Paese, quello che sta avvenendo. Intendo sottrarmi, senza per questo pretendere di dire chissà che cosa o fare dichiarazioni, penso di andarmene in silenzio e basta. Anche perché non ho nessuna facoltà di intervenire, al di fuori del ruolo di operatore culturale che qualcosa la pure fatta.
Segue una mia ricostruzione della biografia personale e artistica di Volonté, dalla nascita fino agli ultimi giorni, e poi una parte, centrale, quella più corposa, dal titolo Il lavoro con l’attore in cui io, Luisa Ceretto e Anna Di Martino dialoghiamo con Giuliano Montaldo, Carlo Lizzani, André Delvaux, Claude Goretta, Emidio Greco, Ugo Pirro, Idrissa Ouedraogo e Armenia Balducci. Il capitolo si apre con un ricordo da parte di Francesco Rosi:
Gian Maria Volonté è stato un grandissimo attore, tra i più grandi io credo ci siano stati nel cinema mondiale. La sua attenta osservazione della natura umana, la capacità con la quale, nel rispetto della costruzione del personaggio voluta dal regista e in collaborazione con questi, riusciva a dare forma e a rappresentare un carattere e a mantenerlo in costante tensione, ne ha fatto l’interprete ideale, non sostituibile, dei film per i quali l’ho voluto e avuto con me.
Le prime due edizioni si chiudevano con Il lavoro dell’attore, in particolare con Gian Maria Volontè, o del “valore autonomo” un esteso elaborato tratto dal libro Gian Maria Volontè. Il lavoro d’attore di Fabrizio Deriu uscito nel 1997, in cui l’autore ci guida attraverso lo schema del processo di costruzione del personaggio adottato da Volonté. Questo capitolo è presente anche nell’ultima edizione.
Quali sono le novità rispetto alle edizioni precedenti?
Dal 2003 a La Maddalena, in Sardegna, l’Associazione culturale Quasar organizza ogni anno un evento dedicato a Gian Maria Volonté. La manifestazione si chiama La valigia dell’Attore ed è diretta da Giovanna Gravina Volonté e da Fabio Canu. In questi anni in questo festival atipico e innovativo sono stati coinvolti diverse generazioni di interpreti del cinema italiano a cui è stato consegnato il Premio Gian Maria Volonté, essi rappresentano l’eredità di Volonté. Il libro raccoglie estratti da loro interviste; ci sono le riflessioni di Luigi Lo Cascio, Jasmine Trinca, Isabella Ragaonese, Alba Rohrwacher, Fabrizio Gifuni, Elio Germano e molti altri ancora.
Il libro si chiude con Il lavoro sull’attore dove parti dalla tua esperienza come insegnante.
Come insegnante alle scuole medie utilizzo il cinema per far conoscere la storia e la memoria del Novecento. Nel 2018 andai a Mostar in Bosnia Erzegovina con alcuni studenti del Liceo “Corso Doc” di Bologna per girare Frammenti di Bosnia e lì ho capito cosa spinse Volonté ad accettare il ruolo del direttore della Cineteca di Sarajevo offertogli da Theo Angelopoulos: il cinema di Volonté oggi si presenta come una lunghissima sequenza contro la guerra, l’odio e la discriminazione, come aveva già detto Giuliano Montaldo anni fa.
Infine, la seconda parte dell’ultimo capitolo è interamente dedicato all’Archivio Gian Maria Volonté conservato dal 2013 al Museo Nazionale del Cinema di Torino. C’è la testimonianza di Mauro Genovese, coordinatore dell’Archivio storico del Museo, che ci racconta i materiali archivistici del Fondo, 368 fascicoli, che documentano per lo più l’ultima parte della carriera dell’attore; c’è poi l’intervento di Roberta Basano, coordinatrice della fototeca del Museo, e infine quello di Paola Bortolaso della Bibliomediateca Mario Gromo che ci guida attraverso i libri appartenuti a Volonté.
Il libro Gian Maria Volonté. L’immagine e la memoria di Valeria Mannelli verrà presentato domenica 8 dicembre 2024 presso il Mercato Civico a La Maddalena nel corso del Festival La Valigia dell’Attore.
[Gian Maria Volonté. L’immagine e la memoria a cura di Valeria Mannelli, Transeuropa, Massa, 2024; 160 pagine – 47 fotografie; 18 €]