Alberto Papuzzi, autore del libro “Portami su quello che canta. Processo a uno psichiatra”, racconta il caso giudiziario Giorgio Coda, primo psichiatra a essere condannato per uso improprio dell’elettroshock.
L’intervista è stata rilasciata il 17 novembre 2008. Una parte è stata montata nel documentario “Fate la storia senza di me” distribuito nel 2011 da Add editore.
La cassettina
«Poi nel reparto arrivava il professore, con gli aiuti, gli assistenti, gli infermieri e uno di questi portava la cassettina di legno lucido – 47 centimetri per 37 per 17 – e cominciava la cerimonia, pubblica perché doveva essere esemplare e avere l’effetto di moltiplicare la sofferenza fisica e morale alimentando angoscia in quelle povere ossa accartocciate sui letti. Lo squadrone avanzava con lentezza, gli ammalati urlavano cercando di nascondersi, ma il rituale prevedeva ogni particolare: tre o quattro infermieri che immobilizzavano il candidato all’elettromassaggio, la messa in opera della cassettina, gli elettrodi sul corpo di uno, la manopola in movimento, la luce rossa che s’accendeva su un pannello mentre la scossa elettrica annullava la mente del malato e faceva sembrare cadavere il suo corpo steso.
Il rituale del terribile gioco comprendeva anche il coro dei lamenti, il vociare ossessivo rotto da qualche urlo meno indistinto degli ammalati, adulti e bambini, in attesa del turno di punizione, la loro paura di fronte all’orrore dello spettacolo di cui tra poco sarebbero stati vittime.
Il rituale prevedeva anche il contrappunto della voce diversa, gli ammonimenti, le minacce, i consigli del professore, il professor Giorgio Coda, psichiatra di Torino, l’uomo che avrebbe dovuto alleviare le pene dei malati dell’ospedale psichiatrico di Collegno e usò cinquemila elettromassaggi, portatori di nuovo atroce dolore. Il sadismo in nome della scienza. Il disprezzo della persona umana spogliata di ogni elementare diritto. Il feroce empirismo, la gratuità e l’unicità dei trattamenti che escludono ogni sospetto di scientificità. La punizione e la tortura mascherate da necessità terapeutiche. La violenza in nome della normalità».
[Corrado Stajano in Alberto Papuzzi, Portami su quello che canta. Processo a uno psichiatra, Einaudi, Torino, 1977]